I testimoni ricordano uno strano ronzio, voce alta per le strade e poi il ruggito di un’esplosione. E poi uno scoppio potente, che ha demolito le case più vicine al porto, e in quelle lontane, ha sfondato finestre, ha strappato le porte dagli infissi, ha frantumato gli utensili domestici contro i muri. La capitale del Libano non riesce ancora a scrollarsi di dosso la tragedia del 4 agosto 2020. Le persone che hanno perso i loro beni e a malapena arrivano a fine mese sono aiutate da Caritas Polska.

Ishak Raja, un sudanese che vive in Libano da 10 anni, stava entrando in casa sua con il figlio maggiore, Mazen. Avevano fatto in tempo a varcare la soglia quando schegge di vetro si sono riversate intorno a loro.

– Ho afferrato mio figlio e ci siamo nascosti dietro lo stipite della porta. C’era anche una bambina di cui la famiglia si era dimenticata, li ho presi entrambi. Per fortuna eravamo già dentro, se fossimo stati fuori allora tutto il vetro ci sarebbe caduto addosso. La porta del bagno, il WC, la televisione: è crollato tutto. Abbiamo raccolto i vetri rotti, sono cadute tutte le finestre dell’intero edificio – ricorda.

Non tutti sono stati così fortunati. L’esplosione chimica dell’anno scorso nel porto ha ucciso più di 200 persone, migliaia sono rimaste ferite, decine di migliaia non avevano più un tetto. La devastante esplosione nella capitale è stato l’ennesimo colpo per un Paese immerso da anni in una crisi politica ed economica, che ancora soffre per gli effetti della guerra civile del 1975 e dei successivi conflitti.

Un altro anno

„Un altro anno e il Libano è in fiamme” – cantava più di due decenni fa il gruppo punk rock KSU. Oggi non ci sono scontri per le strade di Beirut, ma la situazione degli abitanti peggiora di anno in anno. Secondo la Commissione Economica e Sociale delle Nazioni Unite per l’Asia occidentale (UN ESCWA), cresce il numero dei poveri libanesi. Nel 2018 era quasi il 30% della popolazione, nel 2019 il 45% e ora il 55%, ovvero più della metà degli abitanti del Libano, vive in condizioni di povertà. Allo stesso tempo, la disoccupazione raggiunge quasi il 50% e anche le persone che hanno un reddito fisso hanno problemi a pagare i costi correnti della vita. Secondo la Banca Mondiale, la sterlina libanese ha perso il 90% del suo valore nell’ultimo anno. Lo stipendio non basta nemmeno per comprare i prodotti più necessari, compresi medicinali e cibo. Ben il 77% delle famiglie libanesi dichiara la mancanza di denaro per il cibo e il 60% prende in prestito denaro per il cibo o acquista a credito. Il prezzo del cibo è aumentato del 400% (dati Unicef).

– Nel paese mancano le medicine, non c’è elettricità, il carburante viene razionato. Le interruzioni di corrente sono diventate all’ordine del giorno. Ci sono situazioni straordinarie in cui c’è elettricità, anche per due o tre ore al giorno – racconta Dominik Derlicki, rappresentante di Caritas Polska a Beirut. – Nella capitale e in altre città più grandi, le persone si collegano a generatori privati situati in negozi o condomini, pagando profumatamente per questo, per sopravvivere in qualche modo. Tuttavia, i generatori funzionano sempre meno perché manca il carburante, che viene distribuito da stazioni di servizio selezionate. È impossibile attraversare Beirut durante la vendita di carburante, perché dalla mattina ci sono chilometri di code alle stazioni di servizio. Ci sono persino risse tra conducenti disperati, anche se le stazioni sono spesso messe in sicurezza dalla polizia e dai militari.

I polacchi aiutano

Se non fosse per gli aiuti internazionali, molti residenti di Beirut sarebbero ancora senza un tetto sulla testa, senza niente da mettere in pentola. La Caritas Polska ha aiutato Ishak Raja a sostemare la casa dopo l’esplosione.

– Hanno dipinto le pareti, hanno installato i water. Ho ricevuto sostegno dalla Caritas tre volte, ogni volta per 800.000 sterline libanesi, non mi hanno creato nessun problema – riferisce l’uomo che ha vissuto l’esplosione dell’anno scorso.

Caritas Polska, grazie alla generosità dei donatori polacchi, ha subito iniziato ad aiutare Beirut dopo la tragedia dello scorso anno.

– Le nostre attività sono multidirezionali. Ciò comprende tra l’altro quattro trasporti umanitari organizzati in collaborazione con l’esercito polacco, per un totale di 20 tonnellate di merci: cibo, prodotti per la pulizia, misure di protezione contro il COVID-19, 100 concentratori di ossigeno – elenca Sylwia Hazboun, capo del dipartimento del Medio Oriente di Caritas Polska. – Abbiamo anche aderito ai programmi di ricostruzione. Uno di questi è il progetto Building Back Beirut rivolto direttamente ai residenti, che prevede il sostegno finanziario per effettuare le necessarie riparazioni e ristrutturazioni, l’aiuto di emergenza in contanti rivolto alle famiglie nelle situazioni più difficili o alle persone che nell’esplosione hanno perso beni di valore significativo, nonché il supporto psicologico per le persone che vivono il trauma. Inoltre cofinanziamo la ristrutturazione di un complesso di edifici sociali per garantire condizioni di vita dignitose ai poveri e per creare opportunità di reddito con le ristrutturazioni per i rifugiati siriani e per i libanesi bisognosi di lavoro – aggiunge.

La Famiglia alla Famiglia di Beirut

Una componente importante degli aiuti polacchi si estende da quest’anno a 133 famiglie libanesi nell’ambito del programma La Famiglia alla Famiglia. La partecipazione al programma garantisce ai beneficiari un sostegno finanziario regolare. I fondi ricevuti, trasferiti dalle famiglie della Polonia, possono essere utilizzati dai libanesi, ad esempio, per acquistare cibo, medicinali o pagare l’affitto. È una forma di assistenza perfettamente adatta alle esigenze locali. Per Therese Halaba, una donna sessantenne malata e sola, i finanziamenti aggiuntivi per il suo budget familiare sono una vera benedizione, soprattutto con i prezzi in costante aumento dei farmaci.

– I miei farmaci per l’udito erano £ 33, poi £ 70, ora £ 166. E se diventassero ancora più costosi? La donna si chiede. – Una volta sono stata sorda per due settimane. Non ho sentito niente, nemmeno il telefono. È stato terribile, non sapevo cosa fare.

Grazie all’aiuto della Caritas, Therese non deve preoccuparsi di rimanere senza soldi per le medicine. La donna è grata all’organizzazione e ai donatori grazie ai quali può beneficiare del sostegno.

– Dio  la benedica [la Caritas]. Dio le doni la forza per continuare ad aiutare. Grazie a voi, non ho dovuto scegliere tra l’onestà e la sopravvivenza – ha detto Therese.

Don Marcin Iżycki, direttore di Caritas Polska, sottolinea che quotidianamente non siamo consapevoli della realtà della vita nei luoghi in cui il problema è soddisfare i bisogni primari, mentre possiamo facilmente influire nel miglioramento della situazione di persone concrete.

– Anniversari così tristi come questo – dell’esplosione di Beirut – ci inducono a rivolgere a loro i nostri pensieri e le nostre preghiere, sono un’opportunità per fermarci e guardare ai loro problemi. Non risolveremo tutti i problemi, ma possiamo rendere più sopportabile la vita di queste persone – ricorda don Iżycki e lancia un appello a sostegno del programma La Famiglia alla Famiglia, di cui beneficiano le persone bisognose di aiuto, residenti a Beirut, ma anche in Siria, nella striscia di Gaza e nel Kurdistan iracheno.

Come aiutare?

  • Fornendo supporto tramite il sito web rodzinarodzinie.caritas.pl
  • Effettuando un versamento sul conto 36 1160 2202 0000 0003 2318 7181 (titolo del pagamento: Rodzina Rodzinie Syria)
  • Effettuando un versamento sul conto 77 1160 2202 0000 0000 3436 4384 (titolo del pagamento: Rodzina Rodzinie Strefa Gazy/Irak/Liban),
  • Inviando un SMS con il testo RODZINA (FAMIGLIA) al numero 72052 (costo PLN 2,46).

Materiali scaricabili:

  • Video – storie di tre famiglie ferite nell’esplosione dello scorso anno a Beirut (film con trascrizioni) e una dichiarazione di Dominik Derlicki, rappresentante della Caritas Polska a Beirut: https://we.tl/t-bMYs5NH8hw
  • Spot del programma La Famiglia alla Famiglia: https://we.tl/t-ob1PxXwefx

(Tradotto dal polacco da M. Olmo / Ufficio per le Comunicazioni Estere della Conferenza Episcopale Polacca)