Beata Hanna Chrzanowska (1902-1973)
Omelia[1]
Angelo Card. Amato, SDB
1. Nella Beata Hanna Chrzanowska,[2] a 45 anni esatti dalla sua nascita al cielo, la Chiesa celebra la creatività della carità cristiana, che spalanca le sue braccia, come Gesù Buon Samaritano, all’accoglienza, alla protezione e alla cura dei malati, dei sofferenti, dei deboli.Al suo funerale il cardinale Karol Wojtyła pronunciò un commosso elogio dicendo: «Grazie a te, Signora Hanna, che hai vissuto in mezzo a noi; […] che sei stata per noi tutti l’incarnazione delle Beatitudini di Cristo, specialmente di quella che dice: “Beati i misericordiosi”».[3]
Fin da piccola Hanna aveva appreso dai genitori a vivere fondamentali valori umani e cristiani, come il rispetto della persona, la laboriosità, l’onestà, l’attenzione ai poveri, ai sofferenti, agli emarginati. Questo la indirizzò a scegliere la professione di infermiera, dapprima come attività filantroplica, poi, a partire dalla conversione avvenuta nel 1932, come vero e proprio apostolato cristiano, di presenza salvifica della croce di Cristo presso gli ammalati. Devota di Maria, Consolatrice degli afflitti, Hanna fu un faro di luce nel buio del dolore umano.
2. A trent’anni la sua vita di fede ebbe una svolta decisa verso la santità, coltivata con la preghiera, con la comunione e l’adorazione eucaristica, con gli esercizi spirituali, con la recita del santo rosario. Come Oblata benedettina, Hanna visse con entusiasmo e gioia il carisma benedettino di preghiera liturgica e di lavoro professionale verso gli ammalati.Una testimone afferma che era attirata dal mistero della visita di Maria a Santa Elisabetta, perché vedeva in ciò un esempio del ruolo della persona che porta aiuto ai bisognosi.[4] Durante il periodo del regime comunista, non nascose la sua fede, anche se ciò la esponeva all’avversione delle autorità statali.
Per Suor Serafina Paluszek Hanna era una donna profondamente religiosa: «Ripeteva espressamente che quello che si faceva ai malati, lo si faceva a Cristo stesso».[5] Si prendeva cura sia dell’aspetto professionale degli ammalati e delle infermiere sia del loro lato religioso.
A tutti Hanna ricordava la speranza della felicità eterna in paradiso. Gli ammalati erano contenti di averla vicina, perché comunicava loro serenità, ottimismo e speranza di guarigione e di salvezza eterna. Una testimone la chiama «Angelo della speranza cristiana».[6]
In una atmosfera di dolore e di sofferenza, Hanna riusciva a portare un raggio di luce e di gioia. Per la sua serenità e semplicità di comportamento era spesso chiamata “Zietta”, perché infondeva fiducia, pace, gioia e speranza di futuro. La sua fede nella Provvidenza Divina e nel Paradiso risvegliava alla vita e all’entusiasmo.
3. I testimoni riferiscono che Hanna aveva un atteggiamento di madre nei confronti degli ammalati e dei suoi collaboratori, che molto spesso la chiamavano “nostra madre”.[7] Era particolarmente generosa nella cura e assistenza dei malati gravi. Li visitava e si occupava delle loro necessità.Lo faceva con semplicità e cordialità perché considerava il malato come il bene supremo, come suo fratello e sua sorella. La professione di infermiera era una vera e propria vocazione, una chiamata dall’alto per il bene dei bisognosi. Spesso distribuiva le medicine, comprate a sue spese.
Non badava alla stanchezza e alla sua salute. Donava agli altri con generosità il suo tempo, la sua intelligenza, la sua cultura, collaborando attivamente con quanti si occupavano per alleviare e migliorare le condizioni degli infermi. Giunse a vendere la sua bigiotteria per comprare le medicine per i poveri. Interveniva con sollecitudine per aiutare il prossimo e non desiderava ringraziamenti e riconoscimenti.
Una testimone racconta che Hanna venne a conoscere la situazione penosa di due vecchiette, che avevano bisogno di aiuto immediato. Le due donne erano in condizioni di terribile sporcizia, esposte al freddo ed affamate. Subito la nostra Beata, prese la slitta e andò a bussare a vari conventi per elemosinare un po’ di carbone per la stufa delle poverette. «Quando la stufa si riscaldò – così continua la testimonianza – versammo dell’acqua in un catino, la scaldammo sulla stufa e lavammo le vecchiette. Poi lavammo un po’ di biancheria. La Serva di Dio non si vergognava di nessun servizio svolto ai malati, si tirava su le maniche e lavorava con me. Per me era la scuola migliore di servizio dei malati».[8]
Era premurosa e comprensiva con coloro che assistevano in famiglia gli ammalati cronici, mostrando una speciale attenzione per la loro vita spirituale e sacramentale. Procurava loro l’assistenza anche sacramentale di un sacerdote.
Non nascondeva la sua fede. In un tempo di regime comunista, non si lamentava degli scherni e delle ingiustizie che riceveva. Si accostava con regolarità ai Santi Sacramenti. A causa delle sue convinzioni religiose fu privata della carica di direttrice della Scuola per Infermiere. Ciononostante si spese completamente come infermiera tutta dedita al servizio degli infermi. Non aveva paura delle pressioni del partito, era capace di difendere con coraggio le sue convinzioni e di organizzare periodicamente gli esercizi spirituali per gli infermi.
4. La nostra Beata era veramente una discepola di Gesù, buon pastore. La sua vita, i suoi comportamenti sono un compendio di virtù cristiane tutte ispirate alle parole di Gesù che dice: Quello cha avete fatto al più piccolo dei miei fratelli, l’avete fatto a me.Contemplando la figura di Hanna, chiana sugli ammalati, apprendiamo anche noi a chinarci sugli indigenti, ad aver cura di coloro che hanno bisogno di conforto, di sostegno, di incoraggiamento, di aiuto.
Sono molti: sono piccoli, abbandonati, esiliati, deboli, emarginati. Pochi li vediamo quotidianamente sulle nostre strade; molti invece sono nascosti nelle loro misere abitazioni, ammalati, poveri, soli, senza sostegno.
La Chiesa, mediante l’opera dei suoi figli, viene incontro a questi derelitti, donando con sacrificio e generosità – su ispirazione della nostra Beata – aiuto e protezione. Continuiamo a essere caritatevoli verso tutti, soprattutto verso i nostri ammalati. Che possano ricevere quotidianamente a noi un cenno di attenzione, un segno di incoraggiamento e un gesto di sostegno.
[Ripetiamo insieme]Beata Hanna Chrzanowska, prega per noi.
***[1] Omelia tenuta a Cracovia il 28 aprile 2018.
[2] Nacque a Varsavia il 7 ottobre 1902, da madre protestante e padre cattolico. A otto anni la famiglia si trasferì a Cracovia dove il papà aveva ottenuto la Cattedra di Storia e Letteratura Polacca all’Università Jagiellonica. Dopo aver ottenuto il diploma di infermiera, trascorse alcuni periodi di tirocinio in Belgio, in Francia e negli Stati Uniti d’America. Tornata in Polonia fondò la rivista “Infermiera Polacca”, scrisse alcuni manuali specializzati e diede inizio all’Associazione Cattolica delle Infermiere Polacche. Durante l’occupazione nazista subì la perdita del padre nel campo di concentramento di Oranienburg e del fratello Bogdan, morto nella strage di migliaia di ufficiali polacchi a Katyn. Il suo apostolato in campo infermieristico era amplissimo. Si spense il 29 aprile 1973 a Cracovia al canto del Magnificat.
[3] Positio, Presentazione, p. IV.
[4] Positio, Informatio, p. 45.
[5] Ib. p. 48.
[6] Ib. p. 54.
[7] Ib. p. 64.
[8] Ib. p. 68.