Le affermazioni che ritengono che Giovanni Paolo II fosse dilatorio in merito alla gestione della risposta della Chiesa all’abuso sessuale su minori da parte di alcuni chierici, sono ingiuste e vengono contraddette da fatti storici. Il Papa era scioccato. Non intendeva tollerare il crimine della pedofilia nella Chiesa e lo combatté - scrive il cardinale Stanisław Dziwisz in una dichiarazione intitolata: “Giovanni Paolo II verso gli abusi sessuali nella Chiesa”.
Card. Dziwisz ricorda tra l’altro l’indulto rilasciato per gli Stati Uniti (1994) e per la Chiesa in Irlanda (1996), che hanno approvato la politica nota sotto il nome “Tolleranza zero”. Il segretario personale del Papa richiama l’attenzione anche sul documento proclamato nel maggio 2001, su iniziativa del Santo Padre, “Sacramentorum sanctitatis tutela” (La tutela della santità dei sacramenti) e le norme promulgate in quel tempo “Circa i delitti più gravi”.
Pubblichiamo il testo completo della dichiarazione:
“Giovanni Paolo II verso gli abusi sessuali nella Chiesa”
Le affermazioni che ritengono che Giovanni Paolo II fosse dilatorio in merito alla gestione della risposta della Chiesa all’abuso sessuale su minori da parte di alcuni chierici, sono ingiuste e vengono contraddette da fatti storici.
Giovanni Paolo II come Papa non sostituì i vescovi nei singoli paesi nella loro responsabilità. Osservando la vita delle chiese locali, vide come se la cavavano con problemi emergenti. Quando era necessario, venne ad aiutarle, spesso di propria iniziativa. Lo fece anche su richiesta degli episcopati locali.
È così che reagì alla crisi degli abusi sessuali su minori. Quando negli anni ‘80 del secolo scorso, questa crisi iniziò a fermentare nella Chiesa statunitense, il Papa prima osservò le azioni dell’episcopato statunitense, e quando arrivò alla conclusione che esso aveva bisogno di nuovi strumenti per combattere questi crimini, fornì ai superiori ecclesiastici nuovi diritti. Essi erano per i vescovi un’indicazione inequivocabile della direzione in cui la loro lotta dovrebbe andare. Basta ricordare che nel 1994 Giovanni Paolo II emesse un indulto per gli Stati Uniti e due anni dopo - per la Chiesa in Irlanda, approvando così la politica nota come “Tolleranza zero”. Il Papa era scioccato. Non intendeva tollerare il crimine della pedofilia nella Chiesa e lo combatté.
Quando risultò che gli episcopati locali e i superiori religiosi non se la cavavano con il problema, mentre la crisi si stava diffondendo in altri paesi, decise che esso non riguardava solo il mondo anglosassone, ma era di carattere globale.
Sappiamo che nel 2002 ci fu un’ondata di rivelazioni negli Stati Uniti causate dalle pubblicazioni note a tutti come “Spotlight”. Non tutti si ricordano, però, che un anno prima di questi eventi, nel maggio 2001, per iniziativa del Santo Padre, era stato promulgato il documento “Sacramentorum sanctitatis tutela” (La tutela della santità dei sacramenti). A quel tempo, il Papa promulgò anche le norme “Circa i delitti più gravi”. Conosciamo l’importanza cruciale di questo atto legale. Giovanni Paolo II riservò tutti i crimini sessuali su minori prima dei 18 anni, commessi da parte di chierici, alla giurisdizione del tribunale apostolico della Congregazione per la Dottrina della Fede. Obbligò anche ogni vescovo e superiore religioso a riferire a questa Congregazione tutti questi crimini, la probabilità dei quali era confermata nell’indagine preliminare, prevista dal Codice di Diritto Canonico. Il procedimento ulteriore era continuato d’ora in poi sotto il controllo del tribunale apostolico.
Giovanni Paolo II presentò l’analisi della crisi nell’aprile del 2002 ai cardinali americani che erano stati chiamati in Vaticano dopo la pubblicazione di “Spotlight”. Grazie alle regole chiare, indicate dal Papa, la dimensione degli abusi negli Stati Uniti è diminuita. Fino ad oggi, questa analisi è un punto di riferimento per tutti coloro che combattono crimini di abuso sessuale su minori, commessi da chierici. L’analisi aiuta a diagnosticare la crisi e indica la direzione di uscita da esso. Lo dimostra il vertice vaticano, convocato da Papa Francesco, che nella lotta contro questo problema continua decisamente il cammino dei suoi predecessori.
Infine, devo far riferimento al caso di Maciel Delgollado. Si attribuisce a Giovanni Paolo II la copertura della sua attività criminale. I fatti parlano decisamente diversamente. Voglio ricordare soltanto che la Congregazione per la Dottrina della Fede iniziò un’indagine sulle accuse ancora durante il pontificato di Giovanni Paolo II, esattamente nel dicembre del 2004. A quel tempo fu inviato l’allora promotore di giustizia, e oggi l’arcivescovo Charles Scicluna, con un altro avvocato, in Messico e negli Stati Uniti a svolgere le attività necessarie in questa materia. Solo per la conoscenza e l’approvazione di Giovanni Paolo II era possibile di decidere di iniziare questa indagine che non fu interrotta nemmeno durante la sede vacante dopo la morte di Papa Giovanni Paolo II e quindi poté essere conclusa con una sentenza all’inizio del pontificato di Benedetto XVI.
Stanisław Cardinale Dziwisz
Cracovia, il 20 marzo 2019