Le parole del Presidente del Comitato della Conferenza Episcopale Polacca per il Dialogo con l'Ebraismo per la 25.ma Giornata dell'Ebraismo

Il piccolo giubileo della venticinquesima Giornata dell'ebraismo in Polonia non diventi per noi motivo di vanto. Piuttosto trattiamo questo anniversario come un'occasione per una doppia riflessione - ha scritto Mons. Rafał Markowski, Presidente del Comitato della Conferenza Episcopale Polacca per il Dialogo con l'Ebraismo, nel Messaggio per la 25.ma Giornata dell'Ebraismo.

Pubblichiamo il testo intero del messaggio:

Il piccolo giubileo della venticinquesima Giornata dell'ebraismo in Polonia non diventi per noi motivo di vanto. Piuttosto trattiamo questo anniversario come un'occasione per una doppia riflessione. La prima è ancora una volta rendere consapevoli noi stessi e gli altri dell'essenza della Giornata dell'Ebraismo nella Chiesa cattolica polacca chiedendoci perché è stata istituita. La seconda consiste nel riflettere sulla prima nel contesto dei potenti mutamenti di civiltà che nel corso di questo quarto di secolo hanno interessato il mondo, l'Europa, la Polonia e, di conseguenza, i cristiani.

In breve: i processi culturali, sia quelli apparsi allora, sia quelli che sono stati radicalmente rafforzati, confermano, a nostro avviso, la profonda legittimità della decisione di introdurre la Giornata dell'Ebraismo nel calendario ecclesiastico polacco. Non si tratta della celebrazione in sé, ma (risulta dalla comune mentalità religiosa nella Chiesa, o in generale nella religiosità) che abbiamo bisogno costantemente di richiamare, restaurare e sviluppare questioni importanti, come il fatto che il cristianesimo deriva dalla Religione ebraica. Perdendo il contatto con essa, tagliamo le nostre radici, privandoci dei nutrienti necessari alla vita, secondo le parole di S. Paolo: "sappi che non sei tu che porti la radice, ma è la radice che porta te" (Rm 11,18).

La perdita della dimensione ebraica del cristianesimo provoca sempre lo sviluppo dell'una o dell'altra idolatria tra i cristiani, il rafforzamento in esso delle convinzioni pagane e, di conseguenza, la rottura del legame essenziale con Gesù Cristo, il quale, come Capo della Chiesa, desidera rimanere nel più stretto rapporto con il suo Corpo, che è l'assemblea, la convocazione (ecclesia) dei cristiani. La mancanza di consapevolezza che siamo come Israele, come gli ebrei, che come loro dobbiamo ritrovare nelle parole della Scrittura la nostra stessa vita e la salvezza che viene dall'unico Dio, ci indirizza verso l'affermazione di altri dei, idoli (quali il denaro, il prestigio, l'autorealizzazione, il lavoro, la famiglia/clan trattati idolatricamente! e persino la religiosità). Essi, contrariamente a quanto crediamo, non sono vivificanti e alla fine portano sempre delusione e, in definitiva, la percezione di una mancanza di senso. Scoprire le radici ebraiche del cristianesimo e dimorare in esse consente alla Chiesa e ai fedeli di Gesù Cristo di aggirare gli ostacoli, evitare trappole e vicoli ciechi e, se vi sono già aggrovigliati, invocare l’aiuto di Dio. Egli non si rifiuta di aiutare, perché ama il peccatore, non vuole che si perda nè la sua morte. Sulle parole del profeta inviato da Dio, gli ebrei, seguendo il re Davide, riconoscono: abbiamo peccato contro Dio e contro gli uomini, abbiamo preso la strada sbagliata; perdonaci, vogliamo tornare da te. Un cristiano in cammino con Dio, anche attraverso momenti di allontanamento da Lui, si convince che Lui solo è la fonte della vita: “Signore, da chi andremo? Tu solo hai parole di vita eterna” (Gv 6,68).

Le esperienze religiose ebraiche e cristiane non sono, come molti credono, distaccate dalla realtà, non significano "galleggiare tra le nuvole" o "camminare con la testa tra le nuvole", ma, al contrario, nascono da eventi specifici. Sia gli ebrei che i cristiani sono un popolo che, cercando il senso della vita, trova nella propria esistenza la storia della salvezza e, per di più, comincia a vedere il cammino con Dio come l'unico che vale, perché senza di Lui tutto cessa di avere sapore, il cui risultato per i fedeli del Signore, sebbene molto religiosi, è la perdita della speranza. Poiché Dio è il Signore della storia, nei momenti difficili, imitando Giobbe, possiamo dire: “Se da Dio accettiamo il bene, perché non dovremo accettare il male?” (Gb 2,10). Gesù Cristo accetta pienamente e accoglie la sofferenza e la morte, perché sa che il Padre guiderà la sua vita fuori da questa terribile situazione. L'esperienza ebraica e cristiana dice la stessa cosa: che Dio ama la vita, che ne è la fonte e il fine, e ai suoi occhi ogni essere umano ha un valore e una dignità inalienabili e permanenti.

I cambiamenti di civiltà minano questa convinzione a tal punto da spostare permanentemente Dio non solo dalla vita umana, ma anche dal pensiero. La rottura con il Padre amorevole fa sì che l'uomo non sappia più chi è, per cosa vive e a cosa tende. La sua prospettiva assume una dimensione esclusivamente orizzontale, e al centro si trova lui stesso, con una falsa convinzione nel proprio potere e nella propria onnipotenza. Le persone che pensano e vivono in questo modo inevitabilmente si dirigono verso la rovina, perché rimangono impotenti nelle questioni esistenziali fondamentali: la vita e la morte, la sofferenza e la felicità.

Nel corso dei 25 anni della Giornata dell'Ebraismo in Polonia, ci siamo resi conto che le radici essenziali dei cristiani sono persone ebree concrete, non solo quelle di 2000 anni fa, ma anche coloro che, come loro, adesso vivono la fede in un unico Dio. La loro testimonianza è per noi cristiani un aiuto potente, perché dimostra che Dio è fedele alla sua Alleanza, che amando il suo popolo e ciascuna sua creatura, desidera portare tutti ad uno stretto rapporto con sé stesso. La presenza dei credenti ebrei nel nostro tempo, che ancora confidano nel loro Dio – nonostante i secoli di persecuzioni e la catastrofe della Shoah durante la seconda guerra mondiale – è estremamente edificante e necessaria per i cristiani. Abbiamo potuto sperimentare con gratitudine questa presenza durante le successive Giornate dell'Ebraismo celebrate nelle diverse città polacche. Il dialogo che emerge da quei momenti è costruito sulla testimonianza della vita e della speranza degli ebrei nel mondo di oggi, il quale cerca di funzionare come se Dio non esistesse.

Siamo consapevoli del poco interesse per la Giornata dell'Ebraismo nelle parrocchie polacche, ma non preoccupiamocene. L'indifferenza, e persino la riluttanza a rispettare queste celebrazioni annuali stabilite dalla Conferenza Episcopale Polacca nel 1997 deriva semplicemente, come vogliamo credere, da una mancanza di comprensione del loro scopo. Ma è la preghiera comune allo stesso Dio che crea l’occasione per approfondire la consapevolezza dell'esistenza di legami che uniscono cristianesimo ed ebraismo e – attraverso la riflessione sui legami tra le due religioni – la riflessione sulla propria religione (dei cattolici). Mi vengono in mente le parole ripetute più volte nel Vecchio Testamento sul resto d'Israele che il Signore custodirà per sé, e anche sulla fragilità necessaria che è propria del popolo eletto, perché possa vincere, non affidandosi a se stesso, ma su un Dio potente, più grande di ogni debolezza. A Lui basta un piccolo numero di fedeli per realizzare il suo piano d'amore. Non è impossibile che molti cadano in mano a pochi e non c'è differenza per il Cielo tra il salvare per mezzo di molti e il salvare per mezzo di pochi; perché ...è dal Cielo che viene l'aiuto (1 Mac 3, 18,19).

Sono innanzitutto le persone che hanno creato i venticinque anni di storia della Giornata dell'Ebraismo nella Chiesa cattolica in Polonia. È il loro impegno e le attività intraprese per il dialogo cattolico-ebraico che hanno reso questa giornata un evento multidimensionale: istituzionale, di preghiera e fraterno. È impossibile nominare per nome e cognome tutti coloro che hanno contribuito all'inserimento permanente della Giornata dell'Ebraismo nel calendario liturgico cattolico. Tuttavia, tra loro ci sono figure che hanno dato un contributo speciale a questa impresa, e allo stesso tempo allo sviluppo delle relazioni reciproche cattolico-ebraiche in Polonia da oltre 30 anni. Indubbiamente, tra di esse vi è l'Arcivescovo Henryk Muszyński, Primate di Polonia emerito, un pioniere e decano del dialogo con gli ebrei, il primo presidente della sottocommissione, e successivamente della Commissione per il Dialogo con l'Ebraismo della Conferenza Episcopale Polacca  (nel periodo 1986–1994), un grande amico del popolo ebraico. Significativo è il suo ricordo dell'incontro con il Rabbino Capo di Polonia Pinchas Menachem Joskowicz il 19 aprile 1993 nella Sinagoga di Nożyków a Varsavia: "Fu con lui che riuscii a scambiare il primo abbraccio di un vescovo cattolico con un rabbino nella nostra storia del dopoguerra, e in seguito a pregare insieme nella sinagoga con il rabbino di Varsavia, Michael Schudrich" (Arcivescovo H. Muszyński, L'inizio di un cammino comune. Dialogo cattolico-ebraico negli anni 1986-1994, Gniezno-Pelplin 2015, p. 14). Tali gesti si sono poi trasformati in legami personali basati sulla fiducia e sul rispetto reciproco, e allo stesso tempo hanno creato solide basi per il nascente dialogo istituzionale cattolico-ebraico.

Iniziatore della prima celebrazione della Giornata dell'Ebraismo in Polonia nel 1998 e organizzatore delle dieci edizioni successive è stato un altro presidente della Commissione (trasformata in Comitato nel 1996) per questo dialogo – l'Arcivescovo Stanisław Gądecki – attualmente Presidente della Conferenza Episcopale Polacca. Continuando e moltiplicando l'eredità dell'Arcivescovo Muszyński, ha consolidato l'opera attraverso la preghiera comune, numerose conferenze e pubblicazioni e sviluppando ampi contatti con il mondo ebraico. Dal 2007, l'organizzazione delle celebrazioni nazionali della Giornata dell'Ebraismo è stata guidata, insieme al Comitato, dal vescovo ausiliare di Lublino, Mieczysław Cisło. Grazie al suo coinvolgimento, queste celebrazioni si sono completate con importanti eventi legati alla commemorazione delle tombe dimenticate degli ebrei polacchi. In questo modo, la Giornata dell'Ebraismo è divenuta l'occasione per prendersi cura dei cimiteri ebraici abbandonati.

I suddetti rappresentanti della Conferenza Episcopale Polacca insieme ad un gruppo di eccellenti collaboratori che compongono la Sottocommissione/la Commissione/il Comitato per il Dialogo con l'Ebraismo hanno svolto un ruolo chiave nel plasmare da zero il dialogo ebraico-cattolico in Polonia e, allo stesso tempo, nell'attuazione della Giornata dell'Ebraismo nella Chiesa cattolica. Il loro lavoro merita il massimo apprezzamento e le parole della nostra profonda gratitudine. E poiché queste iniziative hanno richiesto un grande impegno da entrambe le parti del dialogo, rivolgo queste parole anche ai rappresentanti delle comunità ebraiche, prima di tutto ai rabbini capi della Polonia, a partire da Michael Schudrich, che nel corso degli anni si è fatto conoscere come uomo aperto al dialogo e amichevole nelle relazioni reciproche. Ringrazio i rabbini e i rappresentanti delle comunità ebraiche che da anni accolgono gli inviti a partecipare a discussioni teologiche pubbliche e anche a commentare testi biblici. Vorrei ringraziare gli ambasciatori di Israele in Polonia e i rappresentanti della cultura ebraica che comprendono che la celebrazione comune della Giornata dell'Ebraismo nella Chiesa cattolica è una delle vie che conducono a relazioni interpersonali pacifiche e amichevoli e, allo stesso tempo, sono un’opportunità di superare stereotipi, pregiudizi e indifferenza.

A nome mio e del Comitato per il Dialogo con l'Ebraismo della Conferenza Episcopale Polacca, invito cordialmente tutti a partecipare alle celebrazioni nazionali della XXV Giornata dell'Ebraismo a Poznań il 17 gennaio 2022. Il motto principale sono le parole tratte dal Libro di Isaia: "I miei pensieri non sono i vostri pensieri" (Is 55,8).

Vescovo Rafał Markowski
Presidente del Comitato della Conferenza Episcopale Polacca per il Dialogo con l'Ebraismo  

 

(Tradotto dal polacco da M. Olmo / Ufficio per le Comunicazioni Estere della Conferenza Episcopale Polacca)

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