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Rivolgiamo parole di amore fraterno a tutti coloro che cercano rifugio nel nostro Paese. Vogliamo assicurare loro piena solidarietà, benevolenza e apertura alle loro necessità. In questo momento difficile, nessuno di loro può essere lasciato solo – si legge nel comunicato del Consiglio per l’Emigrazione, il Turismo e i Pellegrinaggi della Conferenza Episcopale Polacca sull’aiuto ai rifugiati dall’Ucraina.

“Esprimiamo la nostra grande gratitudine a tutti coloro che tempestivamente si sono mossi per aiutare i profughi di guerra. Si tratta di una moltitudine di volontari, impegnati non solo sul confine polacco-ucraino, ma anche in tutto il Paese e, nonostante il pericolo per la propria vita, in Ucraina” – hanno scritto i membri del Consiglio. Hanno anche ringraziato per l’impegno di Caritas Polska e, in tutte le diocesi, delle comunità parrocchiali, delle organizzazioni non governative e di tutta la moltitudine di persone di buona volontà. “Aiutare i rifugiati è un’autentica testimonianza dell’atteggiamento veramente umanitario e cristiano” – hanno sottolineato.

Il Consiglio per l’Emigrazione, il Turismo e i Pellegrinaggi della Conferenza Episcopale Polacca ha affermato che nella ricerca di una risposta alla domanda sul modello di integrazione dei migranti nella nostra società a livello parrocchiale, sono di aiuto le raccomandazioni della Sezione Vaticana per Migranti e Rifugiati del Dicastero per Sviluppo Umano Integrale: Risposta a rifugiati e migranti. Venti punti di attività pastorale del 2018, oltre a precedenti documenti della Chiesa: del Pontificio Consiglio per la Pastorale dei Migranti e degli Itineranti – Orientamenti pastorali. Accogliere Cristo nei rifugiati e nelle persone forzatamente sradicate del 2013 e il Manuale Erga migrante caritas Christi del 2004.

Nel comunicato si legge che all’origine della cura pastorale dei rifugiati vi sono i seguenti principi: la dignità umana e cristiana, l’amore, la solidarietà e il sostegno, la cooperazione internazionale e l’aiuto spirituale. Sulla loro base, Papa Francesco ha descritto l’atteggiamento dell’ospitalità cristiana verso i nuovi arrivati in quattro verbi: accogliere, proteggere, promuovere e integrare.

I membri del Consiglio hanno suggerito di includere le attività di aiuto ai rifugiati dall’Ucraina in Polonia nel programma Famiglia di Famiglie analogamente a ciò che Caritas Polska aveva organizzato negli ultimi anni per le migliaia di famiglie di profughi siriani in Siria, Libano, Giordania e Iraq. “Una famiglia (o più famiglie) si faccia carico di una famiglia ucraina, principalmente sotto forma di accompagnamento, tempo dedicato, introduzione nella vita della nostra società, ricchezza della nostra cultura, bellezza della vita religiosa, ma anche sotto forma di assistenza materiale se necessario” – aggiunge il comunicato.

“La nostra vocazione fondamentale nell’attuale situazione è continuare a digiunare e pregare per la pace in Ucraina, per la fine della guerra, per la conversione degli aggressori, per la salvezza eterna delle vittime, per i sofferenti e i malati, per i rifugiati” – si legge nel comunicato.

Ufficio Stampa della Conferenza Episcopale Polacca

Pubblichiamo il testo integrale del Comunicato:

 

Comunicato del Consiglio per l’Emigrazione, il Turismo e i Pellegrinaggi

della Conferenza Episcopale Polacca

in riferimento all’aiuto ai rifugiati dall’Ucraina

Siamo tutti profondamente commossi dall’orrore della guerra che in questi giorni, a seguito dell’aggressione russa, ha colpito il popolo ucraino e gli altri abitanti di questo Paese. Le operazioni militari russe portando distruzione e morte hanno già costretto a fuggire più di 2,7 milioni di persone. Oltre 1,7 milioni di loro, dal primo giorno di guerra, hanno trovato un rifugio sicuro in Polonia, nelle case delle famiglie polacche, nelle parrocchie, nei monasteri, nelle case di ritiro, nei luoghi organizzati dalle amministrazioni locali e in quelli messi a disposizione da imprenditori (alberghi, pensioni, case di riposo, ecc.), nelle scuole (dagli asili nido alle università). Con profonda compassione, cerchiamo forme di reazione possibili e adeguate a questo dramma inimmaginabile.

  1. La nostra vocazione fondamentale nell’attuale situazione è continuare a digiunare e pregare per la pace in Ucraina, per la fine della guerra, per la conversione degli aggressori, per la salvezza eterna delle vittime, per i sofferenti e i malati, per i rifugiati. Ci invitano a questo il Santo Padre Francesco, il Presidente dell’Episcopato, Mons. Stanisław Gądecki e tutti i Vescovi diocesani.
  2. Esprimiamo la nostra grande gratitudine a tutti coloro che tempestivamente si sono mossi per aiutare i profughi di guerra. Si tratta di una moltitudine di volontari, impegnati non solo sul confine polacco-ucraino, ma anche in tutto il Paese e, nonostante il pericolo per la propria vita, in Ucraina. Ringraziamo per l’impegno Caritas Polska e le Caritas di tutte le diocesi, le comunità parrocchiali, le organizzazioni non governative e tutta la moltitudine di persone di buona volontà. Ringraziamo anche per la generosità dimostrata. Aiutare i rifugiati è un’autentica testimonianza dell’atteggiamento veramente umanitario e cristiano. Le attività della base e spontanee degli ultimi giorni sono esempi della straordinaria immaginazione della misericordia, che permette di superare i propri agi e le proprie abitudini per far fronte con sollecitudine alle ferite del prossimo. Nessun gesto disinteressato e nessun sostegno dimostrato sarà dimenticato da Dio. Nella fuga delle madri con bambini, nei malati e negli anziani, vediamo oggi la Sacra Famiglia che fugge dalla morte in Egitto.

Nei racconti delle persone che accolgono sotto il proprio tetto i nuovi arrivati risuona questa ospitalità disinteressata (“filoxenia”), che è una risposta alle parole dell’autore della Lettera agli Ebrei: Perseverate nell’amore fraterno. Non dimenticate l’ospitalità; alcuni, praticandola, hanno accolto degli angeli senza saperlo. (Eb 13,1-2). La possibilità di offrire un rifugio ai nuovi arrivati diventa un dono inaspettato e benedetto, perché colui che dona diventa allo stesso tempo colui che riceve. Riscopriamo, infatti, di nuovo la nostra stessa umanità e la comunità umana, in solidarietà contro la bestialità scaturita dal male. L’apertura e la cordialità dimostrate in questi giorni sono il primo, necessario e profondo aiuto umanitario.

  1. Tuttavia, dobbiamo ricordare che la mera accoglienza umanitaria dei profughi di guerra è solo la prima tappa della sfida che affrontiamo, espressa dalle parole di Gesù Cristo: ero forestiero e mi avete ospitato (Mt 25,35). In una prospettiva a lungo termine, il nuovo arrivato e la comunità devono affrontare ulteriori compiti legati al processo di integrazione. In una tale situazione, l’ingresso dei rifugiati nella società richiede loro di diventare indipendenti, e ciò è intrinsecamente correlato all’accettazione della cultura locale, delle norme vigenti e al rispetto delle regole di sicurezza sociale. La situazione attuale richiede uno sforzo per gestire con saggezza il processo di integrazione sociale. È necessario prepararsi e avviarlo il prima possibile, tenendo presente non solo la cura dell’integrazione dei rifugiati nella società polacca, ma anche sostenendo l’integrazione all’interno della stessa comunità ucraina in Polonia e rafforzando le sue risorse, in modo che i suoi rappresentanti siano anche in grado – quando ciò sarà possibile – di tornare nel proprio Paese e intraprenderne la ricostruzione.

Nella ricerca di una risposta alla domanda sul modello di integrazione dei migranti nella nostra società a livello parrocchiale, sono di aiuto le raccomandazioni della Sezione vaticana per i Migranti e i Rifugiati del Dicastero per lo Sviluppo Umano Integrale: Rispondere ai rifugiati e ai migranti. Venti punti di azione pastorale del 2018. Non vanno dimenticati, inoltre, i precedenti documenti della Chiesa: del Pontificio Consiglio per la Pastorale dei Migranti e degli Itineranti – Orientamenti pastorali. Accogliere Cristo nei rifugiati e nelle persone forzatamente sradicate del 2013 e il Manuale Erga migrante caritas Christi del 2004.

Caritas Polska, incaricata dalla Conferenza Episcopale Polacca di provvedere alla cura caritativa e pastorale dei rifugiati, patrocina non solo attività a breve ma anche a lungo termine finalizzate all’accoglienza cristiana dei rifugiati. Essa opera in collaborazione con le Caritas diocesane, sia in termini di sostegno materiale che sostanziale.

  1. All’origine della cura pastorale dei rifugiati vi sono alcuni principi: a) la dignità umana e cristiana, b) l’amore, la solidarietà e il sostegno, c) la cooperazione internazionale, d) l’assistenza spirituale. Sulla loro base, Papa Francesco ha descritto l’atteggiamento dell’ospitalità cristiana verso i nuovi arrivati in quattro verbi: accogliere, proteggere, promuovere e integrare. Questi sono diventati elementi fondamentali dei suoi discorsi e delle sue azioni in favore dei profughi fin dall’inizio del suo pontificato.

Accogliere

Nelle prime comunità cristiane, l’accoglienza e l’ospitalità dei viaggiatori erano gli atteggiamenti in vigore e ne costituivano la loro essenza. Tuttavia, le azioni più generose dei privati o anche delle organizzazioni, con una scala così ampia di arrivi, non possono fare a meno di basarsi su soluzioni sistemiche. In una risposta comune alla sfida della crisi umanitaria, è essenziale la collaborazione tra le istituzioni governative statali, locali, le organizzazioni non governative e ecclesiastiche. Facciamo appello a coloro che sono al potere per implementare tali soluzioni che permettano di aiutare i rifugiati in modo efficace e coordinato e facilitino il loro adattamento alle nuove condizioni di vita. La legge sull’assistenza ai cittadini ucraini in relazione a un conflitto armato nel territorio del loro Stato adottata nei giorni scorsi è il primo, importantissimo passo sulla strada dell’integrazione. Le agevolazioni in essa contenute sono appropriate e dovrebbero essere efficaci in questa fase.

Il potenziale della parrocchia – come comunità di fedeli, ma anche come strutture a disposizione – è una via per soddisfare le esigenze di accoglienza dei rifugiati. Il gran numero di arrivi costringe le istituzioni statali a organizzare alloggi collettivi. Nelle attività pastorali, dovrebbero essere compiuti sforzi per trovare luoghi e adattarli ad alloggi per famiglie di profughi al di fuori degli alloggi collettivi. Il metodo dei campi profughi porta sempre con sé patologie, mancanza di accesso all’istruzione, all’assistenza sanitaria, approfondisce il sentimento di isolamento dei rifugiati e della loro emarginazione in ogni dimensione della vita.

Proteggere

Di fronte alla bestialità della guerra, ogni persona ha uguale diritto al soccorso e all’aiuto. Vale la pena ricordare che dall’Ucraina dilaniata dalla guerra fuggono non solo i rifugiati di origine ucraina. Vorremmo ancora una volta ricordare che offrendo un rifugio, è inaccettabile essere guidati da motivi razziali, nazionali, religiosi o di altro tipo. Mettiamo inoltre in guardia contro lo sfruttamento del dramma dei rifugiati per giochi politici e la diffusione di menzogne e manipolazioni volte a suscitare pericolosi umori xenofobi. Nell’insegnamento della Chiesa e negli incontri con i rifugiati, cerchiamo di sensibilizzarli al pericolo di diventare vittime della tratta degli esseri umani. C’è anche la tentazione di pratiche inaccettabili di sfruttamento dei nuovi arrivati e offrire loro salari sottopagati. Le donne single, madri con figli, sono particolarmente vulnerabili a subdole attività criminali.

Promuovere

La promozione di un rifugiato comprende tutte le attività che servono a rispettare profondamente la sua dignità e i suoi diritti. In primo luogo, significa la necessità di organizzare lezioni di lingua polacca, sia per bambini e adolescenti, sia per adulti. Le attività sistematiche nelle scuole possono e devono essere integrate dall’organizzazione del volontariato degli insegnanti, anche nelle parrocchie. Chiediamo ai catechisti di sensibilizzare gli studenti durante le lezioni di religione alla necessità di un’apertura fraterna ai compagni ucraini. Il diritto all’educazione, all’istruzione, all’accesso all’assistenza sanitaria, all’agevolazione delle formalità per trovare un lavoro nelle immediate vicinanze e all’assistenza sociale: questi sono solo alcuni campi in cui è necessario essere solleciti nell’aiuto.

Integrare

L’integrazione è sempre un’attività bilaterale, quindi sarà prima di tutto uno sforzo dei rifugiati per conoscere la lingua e la cultura della nostra Patria, ma dovrebbe anche basarsi sulla nostra volontà e sui nostri sforzi per conoscere la cultura degli arrivati. Questo compito a lungo termine inizia con l’accompagnamento dei rifugiati nei loro primi passi nelle vicinanze della loro residenza, indicando affabilmente luoghi importanti per la comunità locale (ad es. dove si trovano il cinema, il teatro, il centro sociale, il luogo per fare sport). Le festività per noi importanti (statali e religiose) sono accompagnate da usi, costumi e celebrazioni specifiche. Quanto sarà importante in questo caso invitare anche i nuovi arrivati, con una spiegazione adeguata. Una corretta integrazione con la società polacca significa anche creare opportunità per i rifugiati di incontrarsi all’interno della propria comunità in modo che possano coltivare le tradizioni della loro Patria abbandonata e condividerle con la società ospitante.

La stragrande maggioranza degli attuali rifugiati sono fedeli ortodossi. È opportuno che la sollecitudine per gli aiuti umanitari e tutte le attività di integrazione avvengano in collaborazione con il clero e i fedeli delle strutture della Chiesa ortodossa presenti in Polonia. Vanno evitati i comportamenti che potrebbero far sorgere il sospetto di proselitismo. Il documento pubblicato il 9 marzo scorso è di aiuto nel contatto pastorale. “Pro memoria del Consiglio Legale e del Consiglio per l’Ecumenismo della Conferenza Episcopale Polacca sul servizio religioso amministrato a fedeli di Chiese e Comunità ecclesiali che non hanno piena comunione con la Chiesa cattolica”.

  1. L’accoglienza di migranti e rifugiati comporta inevitabilmente delle tensioni nella società ospitante. Molto spesso sorgono sullo sfondo dell’accesso alle risorse, della concorrenza per i posti di lavoro, della sensazione di trattamento iniquo nel campo dell’istruzione, dell’assistenza sanitaria o della possibilità di utilizzare l’assistenza sociale. Esiste il pericolo reale che l’ospitalità spontanea e la cordialità da parte dei polacchi nel lungo periodo si trasformino in riluttanza nei confronti dei profughi. Questa è una sfida per le istituzioni statali e le amministrazioni locali. Tuttavia, la straordinaria potenzialità risiede in un sapiente accompagnamento pastorale ai processi di aiuto e di integrazione. La voce pastorale, chiarificatrice e conciliante dei sacerdoti può essere di grande importanza nel plasmare il clima sociale. Lo scenario peggiore in questo caso è sempre che gruppi sociali e politici populisti utilizzino le difficoltà che si presentano per i propri interessi.
  2. Condividiamo la convinzione che negli ultimi anni il programma di aiuti Famiglia di Famiglie organizzato dalla Caritas Polska abbia avuto un successo eccezionale nel salvare la vita di migliaia di famiglie di rifugiati siriani in Siria, Libano, Giordania e Iraq. Proponiamo che le attività di aiuto ai rifugiati dall’Ucraina in Polonia siano inserite in un programma simile a Famiglia di Famiglie. Una famiglia (o più famiglie) si faccia carico di una famiglia ucraina, principalmente sotto forma di accompagnamento, tempo dedicato, introduzione alla vita della nostra società, alla ricchezza della nostra cultura, alla bellezza della vita religiosa, ma anche sotto forma di assistenza materiale, se necessario.

Nelle nostre condizioni, questo significa una grande promozione del volontariato organizzato, la ricerca e valorizzazione delle persone che utilizzano il loro tempo, la buona volontà e le loro competenze a beneficio degli altri. Ciò sarà connesso con la formazione necessaria affinché l’entusiasmo e la sensibilità all’offerta di misericordia siano approfonditi dalla conoscenza e dalla professionalizzazione delle attività di volontariato.

  1. Vogliamo ricordare a tutti i fedeli, con papa Francesco, che in ciascuno dei profughi “è presente Gesù, costretto, come ai tempi di Erode, a fuggire per salvarsi. Nei loro volti siamo chiamati a riconoscere il volto del Cristo affamato, assetato, nudo, malato, forestiero e carcerato che ci interpella. (Mt 25, 31-46). Se Lo riconosciamo, saremo noi a ringraziarlo per averlo potuto incontrare, amare e servire”. (Messaggio per la Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato, 2020).

Possano queste parole essere per noi una guida speciale durante la Quaresima di quest’anno. Accompagnando la Via Crucis dei profughi che sperimentano la guerra, la sofferenza e la paura per i loro cari – sull’esempio di S. Veronica e Simone di Cirene – non perdiamo l’occasione per alleviare la loro situazione, in misura delle possibilità, della competenza e della sensibilità di ognuno di noi.

Desideriamo invece incoraggiare i sacerdoti insieme ai loro parrocchiani a non cessare di essere solleciti nell’aiuto. Oggi molto dipende dalla parola e dalla disponibilità dei sacerdoti ad intraprendere attività pastorali. Il Buon Samaritano, che non è rimasto indifferente alla sventura del prossimo, sia l’esempio di misericordia per tutti i sacerdoti.

Facciamo inoltre appello a tutti i media, in particolare a quelli cattolici, perché dedichino il loro tempo e le loro risorse a informazioni affidabili, a mostrare testimonianze dell’approccio evangelico agli stranieri nella nostra società che, grazie alla misericordia e al sostegno intelligente, diventano in modo speciale nostri sorelle e fratelli.

Rivolgiamo parole di amore fraterno a tutti coloro che cercano rifugio nel nostro Paese. Vogliamo assicurare loro piena solidarietà, benevolenza e apertura alle loro necessità. In questo momento difficile, nessuno di loro può essere lasciato solo. Indipendentemente dalla religione, ci uniamo a loro in comunione di dolore e compassione, ma anche con la speranza che sgorga dalla fede che la malvagità e la barbarie non avranno mai l’ultima parola.

Vescovo Krzysztof Zadarko
Presidente del Consiglio per l’Emigrazione, il Turismo e i Pellegrinaggi
della Conferenza Episcopale Polacca

Varsavia, 14 marzo 2022

(Tradotto dal polacco da M. Olmo / Ufficio per le Comunicazioni Estere della Conferenza Episcopale Polacca)

 

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