Né la legislazione dell’Unione europea né la Convenzione europea dei diritti dell’uomo prevedono il diritto all’aborto, si legge in una lettera del Comitato permanente della Commissione Episcopali della Comunità europea (COMECE) al Presidente del Parlamento europeo, David Maria Sassoli, sulla risoluzione del Parlamento europeo del 26 novembre 2020.

La lettera del 22 febbraio 2021 a firma del Presidente della Comece, cardinale Jean-Claude Hollerich e dei membri del Comitato Permanente della COMECE, esprimono preoccupazione per alcune questioni contenute nella Risoluzione del Parlamento Europeo del 26 novembre 2020 sul diritto all’aborto in Polonia.

I vescovi richiamano l’art. 5.2 del Trattato Europeo, in cui si afferma che l’Unione agisce solo nei limiti dei poteri che le sono conferiti dai Trattati dagli Stati membri. Sottolineano inoltre che la questione della protezione della vita è di competenza degli Stati membri.

„La COMECE è altresì allarmata dal fatto che la risoluzione sembri contestare il diritto fondamentale all’obiezione di coscienza, che deriva dalla libertà di coscienza”, si legge nella lettera. Allo stesso tempo, i vescovi hanno richiamato l’attenzione sul fatto che nel settore sanitario le persone che esprimono obiezione di coscienza sono, in molti casi, discriminate.

„Da un punto di vista giuridico, vogliamo sottolineare che né la legislazione dell’Unione Europea, né la Convenzione Europea dei Diritti Umani prevedono un diritto all’aborto. La questione è di competenza dei sistemi giuridici degli Stati membri”.

Il Comitato permanente ha anche ricordato che la Chiesa cattolica fa ogni sforzo possibile per prendersi cura delle donne in circostanze difficili o in gravidanza indesiderata. I vescovi hanno anche richiamato l’insegnamento della Chiesa sulla vita: ” Ogni persona umana è chiamata in vita da Dio e ha bisogno di protezione, soprattutto quando è più vulnerabile”. Hanno anche notato che questa speciale protezione e cura per un bambino, prima e dopo la nascita, è menzionata anche negli accordi internazionali, come la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti dell’infanzia.

Il Comitato permanente della Comece ha rilevato con rammarico che Bruxelles non ha condannato gli attacchi a chiese e luoghi di culto in Polonia, avvenuti durante le proteste legate alla pubblicazione della sentenza della Corte costituzionale.

La questione è nata da una interpellanza al Tribunale costituzionale del 2019, firmata da 119 deputati, in seguito a una richiesta, firmata da oltre 800.000 polacchi, di esaminare la conformità della cosiddetta premessa eugenetica con la costituzione polacca.

Il 22 ottobre scorso il Tribunale Costituzionale ha dichiarato incostituzionale l’aborto in caso di alta probabilità di danno grave e irreversibile al feto o di una malattia incurabile che ne minacci la vita. In pratica, in molti casi ha significato la morte di bambini non nati per il sospetto di sindrome di Down.

La motivazione della Sentenza dello scorso ottobre del Tribunale Costituzionale è stata resa pubblica il 27 gennaio con un documento di 154 pagine, dove tra l’altro si afferma che „la Repubblica di Polonia garantisce a tutti la protezione legale della vita” (art. 38 della Costituzione) e che la sua protezione è responsabilità delle autorità pubbliche (art. 30). Ogni limitazione della tutela giuridica della vita umana deve essere „assolutamente necessario”, cioè trattato come ultima risorsa assoluta. Un handicap o una malattia incurabile di un bambino nella fase prenatale non può determinare automaticamente l’ammissibilità dell’interruzione della gravidanza.

Il Parlamento Europeo, pertanto, con la Risoluzione del 26 novembre 2020, si è espressa prima della pubblicazione della Sentenza, senza quindi avere reale conoscenza dell’argomento in discussione.

Il testo della lettera della COMECE è reperibile al link.

Ufficio per le Comunicazioni Estere della Conferenza Episcopale Polacca