Tenendo presente la comunione di fede e di storia tra la Polonia e la Germania, vorrei esprimere la mia profonda preoccupazione e inquietudine circa le notizie che giungono ultimamente da alcuni ambienti della Chiesa cattolica in Germania – ha scritto l’Arcivescovo Stanisław Gądecki, Presidente della Conferenza Episcopale Polacca in una lettera indirizzata al Vescovo Georg Bätzing, Presidente della Conferenza Episcopale Tedesca, in merito al „cammino sinodale” tedesco.

Il Presidente dell’Episcopato ha fatto presente che la Chiesa cattolica tedesca è importante in Europa. „Per questo guardo con inquietudine alle attività finora svolte dal „cammino sinodale” tedesco. Osservando i suoi frutti, si può avere l’impressione che la base della riflessione non sia sempre il Vangelo” – ha scritto.

Mons. Gądecki ha sottolineato che, essendo fedeli agli insegnamenti della Chiesa, „non dovremmo sottostare alle pressioni del mondo o sottometterci ai modelli della cultura dominante, poiché ciò può portare alla corruzione morale e spirituale”. „Vigiliamo sulla ripetizione di vecchi slogan e sulle richieste standardizzate del tipo: abolizione del celibato, il sacerdozio alle donne, la comunione per i divorziati o la benedizione di legami omosessuali” – ha richiamato.

„Nonostante l’indignazione, l’ostracismo e l’impopolarità la Chiesa cattolica – fedele alla verità del Vangelo, e nello stesso tempo spinta dall’amore per ogni persona – non può tacere e accettare questa falsa visione dell’uomo, e specialmente benedirla né promuoverla” – ha sottolineato il Presidente dell’Episcopato.

Ha aggiunto che l’attuale crisi della Chiesa in Europa è prima di tutto una crisi di fede. „La crisi di fede è una delle cause per cui la Chiesa sperimenta difficoltà ad annunciare una chiara dottrina teologica e morale” – ha affermato. „L’autorità del Papa e dei Vescovi è maggiormente necessaria quando la Chiesa vive momenti difficili e quando è sottoposta a pressioni affinché si allontani dagli insegnamenti di Gesù” – ha affermato il Presidente dell’Episcopato.

Mons. Gądecki nella lettera si è riferito ai documenti della Chiesa cattolica, agli insegnamenti di Papa Francesco, di S. Giovanni Paolo II, di S. Paolo VI e anche alla Congregazione per la Dottrina della Fede.

Ufficio Stampa della Conferenza Episcopale Polacca

Pubblichiamo il testo integrale della lettera:

Caro Vescovo Georg,

La Chiesa cattolica in Germania e in Polonia è unita da migliaia di anni di storia comune sorta dal deposito della fede apostolica in Gesù Cristo che, posta nelle mani di San Pietro, è stata trasmessa ai successori degli apostoli – i vescovi – che guidano, insegnano e santificano le singole Chiese locali. „Ecco io ti dico: Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia chiesa e le porte degli inferi non prevarranno contro di essa. A te darò le chiavi del regno dei cieli, e tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli” (Mt 16, 18-19).

Tale comunione di fede si manifesta chiaramente, tra gli altri, nelle figure dei santi, che godono della venerazione sia dei cattolici in Polonia che in Germania. Penso a san Bruno di Querfurt, a Santa Edvige di Slesia, a Santa Teresa Benedetta della Croce (Edith Stein) o a San Massimiliano Kolbe. Anche lo scambio di lettere sul perdono riveste particolare importanza nelle nostre relazioni, che hanno segnato l’inizio di un importante e tanto necessario processo di riconciliazione dopo le difficili esperienze della seconda guerra mondiale. Era stato appoggiato sia da Karol Wojtyła che dal beato Card. Stefan Wyszyński. Negli anni successivi ha trovato la sua concreta espressione nel sostegno spirituale e materiale che abbiamo ricevuto dai cattolici tedeschi nel periodo del dominio del comunismo nella nostra Patria.

Per tutti questi motivi, la Chiesa cattolica tedesca mi è molto vicina ed è molto importante. Tenendo presente tale comunione di fede e di storia tra la Polonia e la Germania, vorrei esprimere la mia profonda preoccupazione e inquietudine circa le notizie che giungono ultimamente su alcuni ambienti della Chiesa cattolica in Germania. Nello spirito di carità cristiana mi permetto pertanto di rivolgere a Te – in qualità di Presidente della Conferenza Episcopale Tedesca – questa lettera piena di fraterna preoccupazione, nello spirito di corresponsabilità per il deposito della santa fede apostolica a noi confidata da Cristo.

Come pastori della Chiesa siamo coscienti che nel mondo è in atto una battaglia spirituale. „La nostra battaglia infatti non è contro creature fatte di sangue e di carne, ma contro i Principati e le Potestà, contro i dominatori di questo mondo di tenebra, contro gli spiriti del male che abitano nelle regioni celesti” (Ef. 6,12). Cristo ha vinto contro satana, ed è dovere della Chiesa realizzare questa vittoria nel mondo. Permetti, Caro Fratello nell’episcopato, che condivida con Te i miei timori circa la correttezza delle tesi avanzate da alcuni ambienti della Chiesa cattolica in Germania, in particolare nel contesto del cosiddetto „cammino sinodale”.

La tentazione di cercare la pienezza della verità fuori dal Vangelo

La Chiesa cattolica in Germania è importante nella mappa dell’Europa e siamo consapevoli che irraggerà su tutto il continente la sua fede, o la sua non fede. Per questo guardo con inquietudine alle attività finora svolte dal „cammino sinodale” tedesco. Osservando i suoi frutti, si può avere l’impressione che la base della riflessione non sia sempre il Vangelo. È già successo nella storia. Basti ricordare la cosiddetta Bibbia di Jefferson (T. Jefferson, The Life and Morals of Jesus of Nazareth, Rough Draft Printing 2015). Il Presidente americano affermò che il Vangelo contiene frasi estremamente sagge e sublimi, che certamente derivano direttamente da Gesù, ma anche frasi stupide e banali, che devono derivare da apostoli ignoranti. Convinto di disporre dei criteri che permettessero di distinguere le prime frasi dalle altre, decise di farlo con un paio di forbici. In questo modo è nato un moderno apocrifo, secondo l’autore, migliore dell’originale. Non si può escludere che proprio i frammenti più difficili della Bibbia che sono caduti sotto „le forbici di Jefferson”, esprimano il proprium christianum – ciò che caratterizza il cristianesimo.

La tentazione di una fede nell’infallibilità delle scienze sociali

Una delle odierne tentazioni nella Chiesa è il continuo confronto degli insegnamenti di Gesù con le attuali conquiste della psicologia e delle scienze sociali. Se qualcosa nel Vangelo non concorda con lo stato attuale delle conoscenze in queste scienze, al fine di proteggere il Maestro dall’imbarazzo agli occhi dei contemporanei, i discepoli cercano di „aggiornare” il Vangelo. La tentazione di „modernizzare” riguarda in modo particolare la sfera dell’identità sessuale. Ci si dimentica, però, che lo stato delle conoscenze scientifiche muta spesso, e sovente in modo diametralmente opposto, ad esempio a causa del cambiamento di paradigma. La mutabilità è inscritta nella stessa natura della scienza, di cui è disponibile solo un frammento di tutte le conoscenze possibili. La scoperta degli errori e la sua analisi è il motore per il progresso delle scienze.

Eppure alcuni errori scientifici hanno avuto conseguenze drammatiche. Basti ricordare le teorie scientifiche come il razzismo o l’eugenetica. Sulla base delle più recenti conquiste scientifiche il Congresso degli Stati Uniti nel 1924 ha votato il National Origin Act, che imponeva quote di immigrazione restrittive per gli abitanti dell’Europa Meridionale e Centrale e quasi vietava completamente l’immigrazione dall’Asia. Il motivo principale era la convinzione che i popoli, quali ad esempio gli italiani o i polacchi fossero di razza inferiore. A sua volta, sulla base delle conoscenze nell’ambito dell’eugenetica, negli Stati Uniti nel XX secolo sono state forzatamente sterilizzate – si calcola – circa 70 mila donne appartenenti a minoranze etniche (cfr. G. G. Consolmagno, Covid, fede e fallibilità della scienza, La Civiltà Cattolica 4118, s. 105-119). In questi e in altri casi di parla di cosiddetti „errori scientifici”. Accanto ad essi esistono, però, anche „inganni ideologici”. Questi sono alla base, ad esempio, del mutamento attualmente osservato nell’approccio alla sessualità (J. A. Reisman, E. W. Eichel, Kinsey, Sex and Fraud: The Indoctrination of a People, Huntington House Publication, Lafayette 1990; J. Colapinto, As Nature Made Him. The Boy Who Was Raised As a Girl, Harper Perennial, New York-London-Toronto-Sydney 2006).

Il processo di sviluppo della conoscenza non si ferma alla nostra generazione. Anche le generazioni che verranno dopo di noi, dovranno mettere da parte libri, ad esempio nel campo della psicologia o delle scienze sociali, che oggi sono considerati infallibili. Che atteggiamento dovrebbe assumere quindi la Chiesa di fronte all’attuale stato della conoscenza scientifica per non ripetere gli errori che ha commesso nei confronti di Galileo? Questa è una seria sfida intellettuale che dobbiamo affrontare, attingendo dalla Rivelazione e dai risultati affidabili della scienza.

La tentazione di vivere con il complesso di inferiorità

Ho la consapevolezza che i cattolici ‒ non solo in Germania, ma anche in Polonia ‒ vivono oggi sotto la pressione dell’opinione pubblica, e ciò provoca che più di uno di loro soffra di un complesso di inferiorità. I discepoli di Cristo generalmente – come ha scritto Papa Francesco – oggi sono minacciati da „una sorta di complesso di inferiorità, che li conduce a relativizzare o ad occultare la loro identità cristiana e le loro convinzioni. (…) Finiscono per soffocare la gioia della missione in una specie di ossessione per essere come tutti gli altri e per avere quello che gli altri possiedono” (Evangelii gaudium, 79).

Papa Francesco, nel discorso ai dipendenti della curia romana ha sottolineato che oggi in Europa non viviamo più in un „regime di cristianità” (Francesco, Discorso alla Curia Romana per gli Auguri di Natale, 21.12.2019). Per molti aspetti il mondo è diventato più pluralista. Fonte essenziale di questo cambiamento nel Vecchio Continente è „una profonda crisi di fede che ha toccato molte persone”. La fede „non costituisce più un presupposto ovvio del vivere comune, anzi spesso viene perfino negata, derisa, emarginata e ridicolizzata”. Purtroppo il dio di questo mondo ha accecato la mente incredula [di molti] (2Cor 4,4). Non si sopporta più la sana dottrina, ma gli uomini si circondano di maestri secondo le proprie voglie (cfr. 2Tm4,3). Da qui l’importanza dell’avvertimento indirizzato ai Romani: „Non conformatevi alla mentalità di questo secolo, ma trasformatevi rinnovando la vostra mente, per poter discernere la volontà di Dio, ciò che è buono, a lui gradito e perfetto” (Rm 12,2).

Fedeli agli insegnamenti della Chiesa non dovremmo sottostare alle pressioni del mondo o sottometterci ai modelli della cultura dominante, poiché ciò può portare alla corruzione morale e spirituale. Vigiliamo sulla ripetizione di vecchi slogan e sulle richieste standardizzate del tipo: abolizione del celibato, il sacerdozio alle donne, la comunione per i divorziati o la benedizione di legami omosessuali. L'”attualizzazione” della definizione di matrimonio nella Carta dei Diritti Fondamentali dell’UE non è un motivo per manipolare il Vangelo.

La tentazione della mentalità aziendale

Sono consapevole che la Chiesa in Germania perde sistematicamente i fedeli e il numero dei sacerdoti diminuisce di anno in anno. Si cercano pertanto modi per trattenere i fedeli presso di sé e invogliare i giovani alla scelta del sacerdozio. Sembra, però, che a questo proposito si sia di fronte al rischio della mentalità aziendale: „mancano operai, abbassiamo il criterio di reclutamento”. Pertanto il postulato dell’abolizione dell’obbligo del celibato è stato inserito nel testo „Obbligo del celibato nel ministero sacerdotale” che il 4 febbraio scorso è stato oggetto di una prima lettura durante l’assemblea del „cammino sinodale” a Francoforte sul Meno. La risposta alla domanda sul rapporto tra l’esigenza del celibato sacerdotale e il numero delle vocazioni è stata data da S. Paolo VI: „Non si può senza riserve credere che con l’abolizione del celibato ecclesiastico crescerebbero per ciò stesso, e in misura considerevole, le sacre vocazioni: l’esperienza contemporanea delle Chiese e delle comunità ecclesiali che consentono il matrimonio ai propri ministri sembra deporre al contrario” (Sacerdotalis celibatus, 49).

Le cause della crisi si trovano altrove. Noi, sacerdoti, più di una volta siamo diventati solo esperti di politica sociale, migratoria e ambientale, che indubbiamente non richiedono il celibato. Cristo però, come osserva Papa Francesco, non ha bisogno di impiegati ossessivamente preoccupati del proprio tempo libero e che sentono „il bisogno imperioso di preservare i loro spazi di autonomia, come se un compito di evangelizzazione fosse un veleno pericoloso invece che una gioiosa risposta all’amore di Dio che ci convoca alla missione” (Evangelii gaudium, 81). I fedeli meritano dei sacerdoti che siano pienamente a disposizione di Cristo. Cristo chiama i discepoli perché „stiano con Lui” (Mc 3,14). Quello che attira le persone alla Chiesa e al sacerdozio non è un’ulteriore proposta di vita facile, ma un esempio di vita totalmente consacrata a Dio.

In questo contesto il „cammino sinodale” tedesco ha accolto anche la questione dell’ordinazione delle donne votando il 4 febbraio scorso a Francoforte sul Meno il testo „Le donne nei ministeri e uffici nella Chiesa”. Questa questione è stata definitivamente chiarita da S. Giovanni Paolo II. „Al fine di togliere ogni dubbio su di una questione di grande importanza, che attiene alla stessa divina costituzione della Chiesa, in virtù del mio ministero di confermare i fratelli (cfr. Lc 22,32), dichiaro che la Chiesa non ha in alcun modo la facoltà di conferire alle donne l’ordinazione sacerdotale e che questa sentenza deve essere tenuta in modo definitivo da tutti i fedeli della Chiesa” (Giovanni Paolo II, Ordinatio Sacerdotalis, 4).

Lo ha già ricordato molte volte Papa Francesco „con riferimento all’ordinazione delle donne, la Chiesa ha parlato e dice: „No”. L’ha detto Giovanni Paolo II, ma con una formulazione definitiva. Quella è chiusa, quella porta, ma su questo voglio dirti una cosa. L’ho detto, ma lo ripeto. La Madonna, Maria, era più importante degli Apostoli, dei vescovi e dei diaconi e dei preti. La donna, nella Chiesa, è più importante dei vescovi e dei preti” (Francesco, Conferenza Stampa durante il volo da Rio di Janeiro a Roma, 28.07.2013).

Nel mondo contemporaneo spesso si intende erroneamente l’uguaglianza, identificandola con l’omologazione. Qualsiasi differenza è trattata come manifestazione di discriminazione. Inoltre il sacerdozio è erroneamente inteso come fonte di dominio e di carriera ecclesiale, e non come umile servizio. Giovanni Paolo II nei suoi insegnamenti sul tema del sacramento dell’ordinazione riservata agli uomini, si è rifatto alla stessa volontà di Cristo e alla Tradizione, mostrando nel contempo la cosiddetta „complementarietà dei sessi”. Le donne hanno ricoperto un ruolo molto importante nella vita di Gesù, accanto a Giacomo e Giovanni, abbiamo Maria e Marta. Sono state le prime testimoni della Resurrezione. Abbiamo infine la Santissima Vergine Maria, senza il consenso della quale non si sarebbe realizzato il mistero dell’Incarnazione e dalla quale Gesù ha imparato ad essere una persona. Nonostante Cristo abbia infranto i canoni adottati dalla comunità ebraica riguardo le relazioni uomo donna, basti ricordare la conversazione con la Samaritana, non ha lasciato il minimo dubbio che il sacerdozio sia una vocazione esclusivamente per gli uomini (cfr. Mulieris dignitatem, 26; Ordinatio Sacerdotalis, 2). Tuttavia le donne non sono state infastidite dal giocare nella Chiesa un ruolo altrettanto importante, e a volte forse più importante, di quello degli uomini. L’elenco delle donne che hanno influenzato notevolmente il destino della Chiesa è lungo. Si può per lo meno citare S. Ildegarda di Bingen, S. Caterina da Siena, S. Edvige – Regina della Polonia, S. Teresa d’Avila o S. Faustina.

Inoltre, uno dei quattro forum del „cammino sinodale” ha votato a favore del documento di lavoro dal titolo „Vita in relazioni di successo” che sostiene la pratica errata e scandalosa della benedizione di unioni dello stesso sesso e tenta di cambiare gli insegnamenti della Chiesa sul tema del peccato degli atti omosessuali.

Il Catechismo distingue chiaramente le tendenze omosessuali dagli atti omosessuali. Insegna il rispetto per ogni persona, indipendentemente dalle sue tendenze, ma inequivocabilmente condanna gli atti omosessuali come atti contro natura (cfr. Rm 1,24-27; 1 Cor 6,9-10).

Nonostante l’indignazione, l’ostracismo e l’impopolarità la Chiesa cattolica – fedele alla verità del Vangelo, e nello stesso tempo spinta dall’amore per ogni persona – non può tacere e accettare questa falsa visione dell’uomo, e specialmente benedirla né promuoverla.

Sull’inammissibilità delle benedizioni di coppie di un solo sesso, la Congregazione per la Dottrina della Fede ha ricordato nella lettera del 22 febbraio 2021: „Di conseguenza, per essere coerenti con la natura dei sacramentali, quando si invoca una benedizione su alcune relazioni umane occorre – oltre alla retta intenzione di coloro che ne partecipano – che ciò che viene benedetto sia oggettivamente e positivamente ordinato a ricevere e ad esprimere la grazia, in funzione dei disegni di Dio iscritti nella Creazione e pienamente rivelati da Cristo Signore. Sono quindi compatibili con l’essenza della benedizione impartita dalla Chiesa solo quelle realtà che sono di per sé ordinate a servire quei disegni. Per tale motivo, non è lecito impartire una benedizione a relazioni, o a partenariati anche stabili, che implicano una prassi sessuale fuori dal matrimonio (vale a dire, fuori dell’unione indissolubile di un uomo e una donna aperta di per sé alla trasmissione della vita), come è il caso delle unioni fra persone dello stesso sesso”. (Congregazione della Dottrina della Fede Responsum della Congregazione per la Dottrina della Fede ad un dubium circa la benedizione delle unioni di persone dello stesso sesso).

La tentazione di cedere alla pressione

La crisi contemporanea della Chiesa in Europa è prima di tutto una crisi di fede. Per parlare di Dio dobbiamo innanzitutto parlare con Dio, che dimora nel profondo del nostro cuore, là dove gustiamo il sapore della verità (R. Sarah, A servizio della verità, Editrice Fede e Cultura, 2021, pag. 128). La crisi di fede è una delle cause per cui la Chiesa sperimenta difficoltà ad annunciare una chiara dottrina teologica e morale.

L’autorità del Papa e dei Vescovi è maggiormente necessaria quando la Chiesa vive momenti difficili e quando è sottoposta a pressioni affinché si allontani dagli insegnamenti di Cristo. Quando vive i drammi simili a quelli che sperimentarono i cristiani della Galazia. È necessario dire con forza: „In realtà, però, non ce n’è un altro [Vangelo]; solo che vi sono alcuni che vi turbano e vogliono sovvertire il Vangelo di Cristo” (Ga 1,7).

Papa Paolo VI, sotto pressione a causa della sua posizione sul tema degli anticoncezionali espressa nell’Enciclica Humanae vitae, scrisse: „Si dovrebbe abbassare la legge morale al livello di ciò che le persone fanno di solito, e quindi ridurre la moralità al livello delle consuetudini (che tra parentesi domani potrebbero essere ancora peggiori di oggi, e allora dove andremmo a finire)? Oppure al contrario si dovrebbe tenere alto il livello ideale, anche se è difficile da raggiungere, anche se l’uomo comune si sente incapace di raggiungerlo o in colpa? Penso che insieme a tutti i saggi, gli eroi, i santi, direi: tutti veri amici della natura umana e della vera felicità umana (credenti e non credenti), anche se protestassero e resistessero, nel profondo del cuore ringrazierebbero un’autorità che possedesse abbastanza luce, forza e fiducia per non abbassare l’ideale. I profeti d’Israele o gli apostoli della Chiesa non hanno mai acconsentito ad abbassare l’ideale, non hanno mai ammorbidito il concetto di perfezione, non hanno cercato di ridurre la distanza tra l’ideale e la natura. Non hanno mai offuscato il concetto di peccato – al contrario” (Paolo VI in J. Guitton, Dialoghi con Paolo VI, Rusconi Editore 1986, pag. 314).

Con uno spirito simile Papa Francesco ha scritto: „Dato che la fede è una sola, deve essere confessata in tutta la sua purezza e integrità. Proprio perché tutti gli articoli di fede sono collegati in unità, negare uno di essi, anche di quelli che sembrerebbero meno importanti, equivale a danneggiare il tutto. Ogni epoca può trovare punti della fede più facili o difficili da accettare: per questo è importante vigilare perché si trasmetta tutto il deposito della fede (cfr 1 Tm 6,20), perché si insista opportunamente su tutti gli aspetti della confessione di fede. Infatti, in quanto l’unità della fede è l’unità della Chiesa, togliere qualcosa alla fede è togliere qualcosa alla verità della comunione” (Lumen fidei, 48).

Caro Fratello nell’episcopato,

il nostro atteggiamento verso il mondo in linea di principio non può essere negativo, perché Cristo non è venuto per condannare il mondo, ma per salvare il mondo (cfr. Gv 12,47). Dio non gode della morte dell’empio, ma che l’empio desista dalla sua condotta e viva (cfr. Ez 33,11). Il nostro compito non è trovare modalità efficaci per chiamare le persone alla conversione. In questo consiste la misericordia di Dio. Gesù vide molta folla e si commosse per loro, „perché erano come pecore senza pastore, e si mise a insegnare loro molte cose” (Mc 6,34). Questa frase non significa che a quel tempo non ci fossero pastori in Israele, a cui era stata affidata la cura del gregge di Dio. Ma esisteva un serio pericolo che – se le guide falliscono – il popolo di Dio, cioè appartenente a Dio, sarà disperso e molte pecore si perderanno o cadranno preda degli animali da preda.

So – ne abbiamo parlato durante i nostri incontri, anche di recente a Poznan – che sei profondamente preoccupato per il destino delle pecore che Ti sono state affidate e desideri che nessuna pecora si perda; affinché ogni fedele che Ti è stato affidato raggiunga felicemente la vita eterna con Cristo. Permetti, quindi, che termini con le parole citate all’inizio dalla Lettera di S. Paolo agli Efesini: „Per il resto, attingete forza nel Signore e nel vigore della sua potenza. Rivestitevi dell’armatura di Dio, per poter resistere alle insidie del diavolo. La nostra battaglia infatti non è contro creature fatte di sangue e di carne, ma contro i Principati e le Potestà, contro i dominatori di questo mondo di tenebra, contro gli spiriti del male che abitano nelle regioni celesti. Prendete perciò l’armatura di Dio, perché possiate resistere nel giorno malvagio e restare in piedi dopo aver superato tutte le prove. State dunque ben fermi [nella battaglia], cinti i fianchi con la verità, rivestiti con la corazza della giustizia, e avendo come calzatura ai piedi lo zelo per propagare il vangelo della pace. Tenete sempre in mano lo scudo della fede, con il quale potrete spegnere tutti i dardi infuocati del maligno; prendete anche l’elmo della salvezza e la spada dello Spirito, cioè la parola di Dio. Pregate inoltre incessantemente con ogni sorta di preghiere e di suppliche nello Spirito, vigilando a questo scopo con ogni perseveranza e pregando per tutti i santi, e anche per me, perché quando apro la bocca mi sia data una parola franca, per far conoscere il mistero del vangelo, del quale sono ambasciatore in catene, e io possa annunziarlo con franchezza come è mio dovere” (Ef 6, 10-20).

Con espressioni di profonda stima e con fraterni saluti in Cristo,

+ Stanisław Gądecki
Arcivescovo Metropolita di Poznań
Presidente della Conferenza Episcopale Polacca

Varsavia, 22 febbraio 2022
Festa della Cattedra di San Pietro

(Tradotto dal polacco da M. Olmo / Ufficio per le Comunicazioni Estere della Conferenza Episcopale Polacca)