Crediamo che in questi giorni difficili scriviamo ulteriori pagine importanti nel libro della riconciliazione in modo da poter organizzare il nostro futuro comune come liberi tra liberi e uguali con gli uguali – si legge nel Messaggio per l’80.mo anniversario del Massacro di Volyn dell’Arcivescovo Maggiore Svetoslav Shevchuk, Metropolita di Kiev-Halyč, Capo della Chiesa  greco-cattolica ucraina, e dell’Arcivescovo Stanisław Gądecki, Metropolita di Poznań, Presidente della Conferenza Episcopale Polacca.

Nel Messaggio è stato sottolineato che la riconciliazione non è un processo facile: „Esige di superare la misura ordinaria della giustizia, soprattutto da parte di coloro che, in misura maggiore – spesso in modo giustificato – si sentono vittime”.

Il Messaggio ricorda che dal 1987 sono state intraprese molte iniziative congiunte che miravano alla riconciliazione. „Dopo anni di sforzi congiunti dei vescovi polacchi e ucraini di entrambi i riti per la riconciliazione, si può dire che oggi sulla carta è già stato raggiunto. Non discutiamo tra di noi sui fatti del recente passato e sulla loro valutazione. Negli ultimi tragici mesi, questo si è tradotto in azioni concrete derivanti da un senso di vicinanza, anche emotiva, con i nostri fratelli sfortunati. Milioni di polacchi hanno aperto le loro case e i loro cuori ai rifugiati dall’Ucraina” – si legge.

Gli arcivescovi hanno affermato nel Messaggio che il patrono sulla via della riconciliazione polacco-ucraina è San Giovanni Paolo II. „Dovremmo ricordare la sua iniziativa personale e il suo patronato personale all’inizio di questo processo”, hanno sottolineato.

„Crediamo che in questi giorni difficili stiamo scrivendo ulteriori pagine importanti nel libro della riconciliazione in modo da poter porre le basi per il nostro futuro comune come libero con i liberi e uguale con gli  uguali”, hanno scritto nel messaggio i firmatari.

Ufficio Stampa della Conferenza Episcopale Polacca

Pubblichiamo il testo integrale del Messaggio:

 

M E S S A G G I O
DELL’ ARCIVESCOVO SVIATOSLAV SHEVCHU
METROPOLITA DI KIEV-HALYČ,
CAPO DELLA CHIESA GRECO-CATTOLICA UCRAINA
E DELL’ARCIVESCOVO STANISŁAW GĄDECKI
METROPOLITA DI POZNAŃ,
PRESIDENTE DELLA CONFERENZA EPISCOPALE POLACCA

NELL’80.MO ANNIVERSARIO DEL MASSACRO DI VOLYN

 

“Laddove è abbondato il peccato, ha sovrabbondato la grazia” (Rm 5,20).

La storia dei rapporti tra il popolo polacco e quello ucraino è ricca di atti belli, buoni ed eroici, ma, purtroppo, anche difficili e drammatici. Entrambe le nazioni hanno ricevuto il battesimo in un momento simile, pur attingendo da una diversa tradizione cristiana: una bizantino e l’altra latino. Ciò accadeva in una Chiesa ancora indivisa. „Entrambi i nostri popoli sono sopravvissuti alle terribili tragedie del XX secolo, subendo enormi danni dai regimi totalitari – nazisti, comunisti e nazionalisti estremisti” (Comunicato dall’incontro dei rappresentanti della Chiesa cattolica in Polonia e Ucraina, 9 giugno 2015). Purtroppo, la fine del XX secolo non è stata per la nostra parte d’Europa la fine dell’epoca dei crimini e della pulizia etnica, fino al punto di negare a specifiche nazioni il diritto di esistere. L’aggressione russa contro l’Ucraina lanciata nel 2014, che ora ha assunto la forma di una guerra su vasta scala, ci ricorda ancora una volta che la riconciliazione tra i nostri popoli e la cooperazione di una Polonia libera con un’Ucraina libera sono condizioni necessarie per la pace nella nostra parte d’Europa. Altrimenti il gioco sarà sempre guidato da “quel terzo”.

La riconciliazione non è un processo facile. Richiede di superare la consueta misura di giustizia, soprattutto da parte di chi, in misura maggiore – spesso in modo giustificato – si sente vittima. Quando la formula „concediamo il perdono e lo chiediamo”, fu usata dai vescovi polacchi in una lettera ai vescovi tedeschi del 1965, suscitò l’opposizione di alcuni cattolici polacchi. In una lettera ai fedeli, l’Episcopato polacco scriveva: „Non ci sono persone innocenti. Siamo convinti che se anche un solo polacco si rivelasse una persona indegna, se anche uno nel corso della storia compisse un atto indegno, avremmo già un motivo per esprimere: ‘chiediamo perdono’ se vogliamo essere una nazione di persone nobili e generose, una nazione di un futuro migliore” (Parola dei vescovi polacchi sulle lettere agli episcopati sul Millennio, 10 febbraio 1966). Tutti noi „avvertiamo l’intima spinta a riconoscere le infedeltà evangeliche in cui sono incorsi non pochi cristiani di radice sia polacca che ucraina, residenti in questi luoghi (…). È tempo di prendere le distanze dal doloroso passato!” (Giovanni Paolo II, Omelia pronunciata durante la messa di beatificazione, Leopoli, 26 giugno 2001).

Dal 1987 abbiamo intrapreso molte iniziative congiunte volte alla riconciliazione. Abbiamo parlato apertamente di questioni difficili, chiamando – tra gli altri – gli eventi di ottant’ anni fa in Volinia come „crimini e pulizia etnica, [le cui vittime] decine di migliaia di persone innocenti, tra cui donne, bambini e anziani, in primo luogo polacchi, ma anche ucraini, e coloro che hanno salvato vicini e parenti in pericolo” (Dichiarazione delle Chiese cattolica romana e greca in Polonia e Ucraina sulla riconciliazione, 28 giugno 2013). L’opera di riconciliazione non è dimenticare, ma superare il male del passato affinché „la purificazione della memoria storica disponga tutti a far prevalere quanto unisce su quanto divide” (S. (Giovanni Paolo II, Omelia pronunciata durante la messa di beatificazione, Leopoli, 26 giugno 2001). Da qui la chiamata congiunta agli storici per aiutare a stabilire la verità su quegli eventi, sulla grandezza del dramma, ma anche sulle testimonianze di santità che brillano nelle tenebre, forse sulla scala della famiglia Ulma: „Chiediamo quindi agli scienziati polacchi e ucraini di approfondire la ricerca basata sulle fonti e di cooperare nello spiegare le circostanze di questi orribili crimini, nonché di preparare un elenco dei nomi di tutti coloro che hanno sofferto. Vediamo anche la necessità di una degna commemorazione delle vittime nei luoghi della loro morte e delle più grandi sofferenze” (Dichiarazione delle Chiese cattolica romana e greca in Polonia e Ucraina sulla riconciliazione, 28 giugno 2013). Oggi, dopo il ritrovamento di fosse comuni a Bucha, Irpin o Hostomel, comprendiamo tutti quanto sia importante nominare con chiarezza i colpevoli, riesumare le vittime, rispettare il loro diritto a una degna sepoltura e memoria umana.

In primo luogo, tuttavia, va notato che spesso le persone che si sforzano di superare il loro senso di ingiustizia confondono il perdono con la riconciliazione, mentre queste sono due esperienze diverse, sebbene strettamente collegate. Il perdono precede la riconciliazione. Il perdono è un’esperienza interiore. Si svolge nel profondo del cuore e non dipende dal prossimo. D’altra parte, la riconciliazione richiede il coinvolgimento di tutte le parti coinvolte nel conflitto. Può essere costruita solo sullo scambio reciproco del perdono. La riconciliazione può essere costruita solo nella verità e nella giustizia.

Dopo anni di sforzi congiunti dei vescovi polacchi e ucraini di entrambi i riti per la riconciliazione, si può dire che oggi sulla carta è già stato raggiunto. Non discutiamo tra di noi sui fatti del recente passato e sulla loro valutazione. Negli ultimi tragici mesi, questo si è tradotto in azioni concrete derivanti da un senso di vicinanza, anche emotiva, con i nostri fratelli sfortunati. Milioni di polacchi hanno aperto le loro case e i loro cuori ai rifugiati dall’Ucraina. Il governo polacco sta fornendo assistenza concreta sia ai rifugiati ucraini che allo stato ucraino. Lo facciamo per indicazione del Vangelo, ma anche con la consapevolezza che questa volta sono gli ucraini a lottare „per la nostra e la vostra libertà”. Paradossalmente, il risultato del tentativo della Russia di annientare la nazione ucraina è il reciproco riavvicinamento tra le nostre nazioni. „Laddove è abbondato il peccato, ha sovrabbondato la grazia” (Rm 5,20).

Il nostro patrono sulla via della riconciliazione polacco-ucraina è San Giovanni Paolo II. Dovremmo ricordare la sua iniziativa e il suo patronato all’inizio di questo processo. All’inizio del suo pontificato, ha affermato: „Gli ucraini dovrebbero sentirsi apprezzati. (…) La Chiesa non ha il diritto di privarli della verità storica su di loro in nome dell’ecumenismo” (S. Giovanni Paolo II, Discorso al Consiglio Maggiore dell’Episcopato Polacco, Jasna Góra, 5 giugno 1979). Man mano che maturiamo spiritualmente, per trascendere l’egoismo individuale e nazionale, abbiamo bisogno di un santo patrono che ci guidi sui sentieri della conversione.

Crediamo che in questi giorni difficili stiamo scrivendo ulteriori pagine importanti nel libro della riconciliazione in modo da poter porre le basi per il nostro futuro comune come libero con i liberi e uguale con gli uguali”. „I cristiani delle due Nazioni devono camminare insieme nel nome dell’unico Cristo, verso l’unico Padre, guidate dallo stesso Spirito Santo, fonte e principio di unità. ll perdono offerto e ricevuto si diffonda come balsamo benefico nel cuore di ciascuno” (S. (Giovanni Paolo II, Omelia pronunciata durante la messa di beatificazione, Leopoli, 26 giugno 2001).

+ Stanisław Gądecki
Arcivescovo Metropolita di Poznań
Presidente della Conferenza Episcopale Polacca

+ Sviatoslav Shevchuk
Arcivescovo Maggiore di Kiev-Halyč
Capo della Chiesa greco-cattolica ucraina

Varsavia, 7 luglio 2023

(Tradotto dal polacco da M. Olmo / Ufficio per le Comunicazioni Estere della Conferenza Episcopale Polacca)